Maverick

È stato bello tornare al cinema a vedere questo secondo atto della saga di Top Gun, trentasei anni dopo il primo film. Ammetto di avere nutrito, inizialmente, un poco di scetticismo, ma dopo aver letto qualche recensione entusiastica di alcuni amici di cui mi fido – quella di Jane Odlum in particolare – ho capito che «s’aveva da fare».
Così ieri sera, 9 giugno, all’apogeo del trionfo della fuffa che va sotto il nome di Salone del Mobile, ho deciso di chiudermi tra le quattro consolanti mura di un cinema, per ritrovare i valori veri dell’edonismo reaganiano: bicipiti gonfi, flessioni a ripetizione, ventre a tartaruga, testosterone a go go, la meravigliosa gioventù iperproteica americana, che suda birra sulle spiagge della California… Insomma, ho scoperto di amare da morire tutto quello che avevo sempre odiato nella mia giovinezza di “comunista così” (per citare l’indimenticabile Mario Brega). Ma vediamo in sintesi i motivi del mio entusiasmo.

1) Mi ricordavo tutto del primo film. Pazzesco. In ufficio, passo il tempo a cercare di ricordarmi perché mi sono alzata dalla scrivania; qui snocciolavo a memoria (come gli altri 6 spettatori, peraltro) dialoghi, battute, emozioni… tutto! È proprio vero che i ricordi d’infanzia e giovinezza non ti lasciano mai.
2) È stata un’esperienza consolatoria. All’inizio del film, Maverick è “ancora” capitano, mentre tutti i suoi amici e coetanei sono diventati ammiragli. Per forza, perché il nostro è indisciplinato, insofferente alle regole, ribelle, non si piega al compromesso, sa sempre come rendersi antipatico. E qui io – come probabilmente due terzi dei miei coetanei – ho trovato una consolante forma di giustificazione (e auto commiserazione…) del perché non ho fatto la carriera che avrei voluto… Peccato che almeno Maverick sappia pilotare l’aereo mentre io ho le vertigini anche a scendere le scale.
3) La giovinezza non è tutto. In un mondo in cui sei bombardato – persino nel nostro settore… – dal messaggio che oltre i cinquant’anni ormai sei buono per andare a guardare i cantieri della metro 4, sei obsoleto, devi farti da parte e lasciare il posto ai giovani – anche se orfani di madrelingua – il messaggio che il film trasmette è che gioventù, freschezza e forza fisica non sono tutto. Da qualche parte, ancora contano esperienza, maturità, competenza. Peccato che questi valori nel film trionfino, mentre nella realtà, ecco, lasciamo perdere. Ma si sa, la vita non è un film con Doris Day.
4) Si può fare pace con se stessi. Come ricorderete, la tragedia del primo film è la morte di Goose, il compagno di volo di Mav. Senza troppo spoilerare, possiamo dire che finalmente il nostro eroe si libera del senso di colpa che lo ossessiona da quattro decenni.
5) A un sessantenne hanno evitato di mettere accanto una ventenne. La love story del film è con Jennifer Connelly, classe 1971, che porta egregiamente i suoi anni (ma comunque li dimostra).
6) Non muore nessuno, manco i “cattivi”! Si esce felici e contenti dal cinema perché tutto finisce, finalmente, bene. Gli arei cadono come pesche mature, ma tutti si salvano (tranne i denari dei contribuenti americani…): persino i nemici hanno capito che è meglio tirare le maniglie ed ejettarsi fuori.
7) Ho pianto tanto. Sì, lo so, mi sono rimbambita. Ma vedere le foto di loro giovani che Mav conserva attaccate alla parete del suo alloggio, con Meg Ryan che era tanto bellina e non sembrava Joker di Batman come adesso, Val Kilmer pure lui di una bellezza pazzesca, mi ha fatto provare tanta tenerezza nel ripensare alla diciassettenne che ero, con i jeans a vita alta, i capelli a ciuffone, le giacche con le spalline rinforzate. Diciamo che ho iniziato a lacrimare quando Mav ha tirato fuori dall’armadio l’iconico giubbetto di pelle e ho finito ai titoli di coda, quando compare la scritta dove si dice che il film è dedicato alla buonanima di Tony Scott. Nel mezzo c’è stato spazio per singhiozzare quando Rooster, il figlio di Goose, suona al piano Great Balls of Fire di Jerry Lewis, come già il padre nel primo film. Ho pianto anche a casa, quando sono andata a googolare perché Kilmer fosse tanto conciato e ho letto che ha subito una tracheotomia per un tumore alla gola ed è stato Cruise a volerlo a tutti i costi nel film, conciato com’è. Insomma, vale quel famoso aneddoto che dice più o meno «Ti è piaciuto il film? – Sì, mi sono divertito, ho pianto tanto».
8) Si ride anche tanto. L’ironia, nel primo film, non era contemplata: negli anni Ottanta ci si prendeva molto sul serio, si era machi veri. Nel Terzo Millennio abbiamo guadagnato, fortunatamente, una buona dose di autoironia. Va però detto che ridevamo solo noi over 45/50; i giovani, che probabilmente erano caduti dentro per sbaglio, no.

Per il resto, fotografia da urlo, scene di combattimento in volo fantastiche e vere (di ricostruito a computer mi è sembrato ci fosse davvero poco), una Porsche e una Kawasaki degli anni Ottanta.
Inoltre ho capito che voglio anche io un bar da gestire bello come quello di Penny/Jennifer Connelly. E voglio pure la sua barca a vela.